Ultimamente ho letto il libro del biologo Edward O. Wilson, Le origini della Creatività, che mi ha appassionato molto. Secondo il professore emerito, l’evoluzione della specie è conseguita a tre punti fondamentali che hanno accompagnato quella biologica: la creatività, l’empatia e l’imitazione. La creatività narrativa molto utilizzata nelle ore tarde del pomeriggio, quando, dopo l’ultimo pasto, la tribù si riuniva intorno al fuoco e si raccontavano storie.
Queste avevano il fine di esorcizzare, emozionare e istruire sulla caccia, sulla semina, le stagioni, le forze della natura e quant’altro facesse parte del loro panpsichistico ambiente. Gli astanti ascoltano il narratore che, mentre narra, imita, grida, genera un canto tribale, riproponendo il racconto all’interno dello stesso spettatore attraverso il mirroring (rispecchiamento), grazie al quale il membro della comunità percepisce gli umori dell’altro, li misura, li sperimenta.
Il rispecchiamento conduce direttamente alle imitazioni di strategie di successo. Da questo proposito Wilson evince, attraverso tante tesi soddisfacenti, che l’evoluzione dell’intelligenza passa attraverso il mito, il racconto. Galimberti (filosofo, sociologo, psicoanalista) afferma che il mito, la letteratura e l’arte sono fondamentali per educarci ai sentimenti: proprio grazie al mirroring sviluppiamo l’empatia, viviamo le emozioni e gli stati emotivi del protagonista della storia che stiamo ascoltando.
Quando guardi un film, leggi un libro, un fumetto o ascolti una canzone, si crea un contatto psichico, vesti i panni del protagonista e vivi le sue stesse emozioni, compi una catarsi e quest’esperienza trans-personale rimane come un’esperienza tua propria. Non importa quanto assurdo possa essere il film, l’esperienza emotiva rimane, percorre le profondità della nostra coscienza e ci spinge perfino ad imitarne i protagonisti – esperienza molto comune nei bambini – da qui nascono i vari fenomeni, come i cosplayers.
Si diffondono citazioni e stati emotivi che possono permetterci anche di superare un ostacolo nella vita reale, poiché l’ostacolo risiedeva in primis in noi stessi. Il fumetto, come tutte le arti umanistiche, hanno questa peculiarità: far vivere un’esperienza sia per chi lo produce quanto per chi ne usufruisce.
Sì, anche perché il fumetto, con il connubio di testo e immagine, invita il lettore ad una interazione attiva, tra l’interpretazione dell’immagine e quella del testo, il quale assume nella mente del lettore un tono e un suono attivo che lo identifica con uno specifico archetipo e spesso il protagonista assume la voce di chi legge, esaltando ancor di più l’azione empatica e rispecchiamento.
Vedremo dunque che la felicità, l’orgoglio, il coraggio, l’ira si manifestano nel lettore con una certa forza e realtà che lo faranno sognare, arrabbiare, disgustare insieme, o con, o per il protagonista. Le emozioni sono uno strumento contagioso e soprattutto conducono ad una certa dipendenza (magari ce ne fossero di più di persone dipendenti dalla cultura!), ad agognare di leggere, guardare, ascoltare e provare ancora le stesse emozioni.
Basti pensare che il fumetto è stato – e ancora è- un grande strumento di propaganda politica, scientifica, pubblicitaria, ma a monte lo è la narrazione, e ancora di più la voglia di esperienza.
Questo è ciò che la Vitruvio Entertaiment vuole diffondere con tutti i suoi servizi: un’esperienza. Mi vengono in mente i sette principi di Jobs: Lascia un segno nell’universo.
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